martedì 4 marzo 2008

Love Bar





Se ti trovi in una città nuova il modo migliore per familiarizzare è entrare in un bar.
Dalla scelta del locale si possono capire molte cose. C’è chi sceglie il posto figo, elegante, bella gente, chi opta per luoghi semplici, minimalisti ma pur sempre ben arredati, chi, invece, preferisce la classica bettola, sporca al punto giusto ma che non tradisce mai.
Tom, primatista in sembianze da uomo qualunque, decise che era venuto il momento di un buon caffè.
In una nuova città un posto vale l’altro ma lui fu rapito da quel piccolo bar giallo tenue, caldo, quasi arancio. Sistemò la tracolla dello zaino sopra la spalla destra contemplando le due ampie vetrine laterali: erano grandi, quadrate, da dietro spiccavano delle tende di raso verde smeraldo e in alto, per tutta la loro lunghezza, grandi vasi che gettavano una cascata di gerani rosa e rossi. Al centro, una porta in legno scuro dalle venature nere e maniglia dorata, non un tavolino esterno, quasi si trattasse di un forte per ripararsi dal mondo che era fuori.
Pensò che fosse troppo femminile, ma la curiosità fu un calcio nel sedere sull’orlo di un precipizio ed aprire la porta fu facile come dire “Ma sì, stì cazzi”.
La buona impressione iniziale fu presto tradita dall’aspetto dell’interno, non che fosse mal arredato, anzi, il pavimento era di cotto e le pareti dello stesso colore dell’esterno con la variante dello stucco veneziano, quattro lampade da muro, due per lato, proiettavano verso il soffitto una luce calda ed accogliente. Quello che disturbava erano i quattro tavoli posti negli angoli di un ipotetico quadrato, un po’ perché erano effettivamente pochi e soprattutto perché pur non essendo occupati, vi erano poggiati bicchieri e quant’altro, sporchi o con bevande a metà, segno che qualcuno aveva consumato e non era passato il cameriere a pulire.
Tom non allungò lo sguardo verso il fondo del locale, che rimaneva ancora fuori dal campo visivo, perché era incuriosito da un particolare: i tavoli erano per due, due le sedie per tavolo e da quello che vi era sopra si capiva che ognuno era stato occupato da due persone.
Avanzò perpendicolarmente all’ingresso guardandosi a destra e a manca cercando di trovare un motivo a quella dislocazione fino a quando si trovò al bancone.
Vi era un vecchietto in grembiule bianco, come i suoi capelli ed i suoi baffi.
Se ne stava in silenzio e sorridente tutto affaccendato nel lucidare dei bicchieri da Martini con un panno asciutto. Una cosa era certa, si comportava come se Tom non ci fosse.
L’omino qualunque sorrise pensando che si trattasse di un vecchio duro d’orecchie ed allora ruppe il silenzio in modo deciso:

“Buonasera.”

“Buonasera a lei” rispose il vecchietto in tutta calma e senza scomporsi di un millimetro.

Tom si stupì, il vecchio aveva tutto sotto controllo e non lo degnava di uno sguardo.

“Senta, se è possibile vorrei un caffè, magari con un pezzo di torta…se è così gentile da liberarmi un tavolo, io mi accomoderei”

“Mi spiace, i tavoli sono tutti occupati”.

Il tono del barista era cordiale, ma decisamente fermo.
Tom si voltò sarcastico verso quei tavoli desolati e vuoti, nei posacenere mozziconi antichi, fumati da troppo tempo.

“Scusi, vuole prendermi in giro? Lo vede benissimo anche lei che non c’è nessuno oltre noi due”.

“Mike, Telma; Steve, Anne; Susan, John; Fred, Alice.”

Otto nomi, il vecchio li pronunciò così, come se ne fosse uno solo, come se fosse il suo.
Tom non capiva ma era abbastanza sveglio e curioso da non gettare la spugna.

“Senta, le ho chiesto solo un caffè e qualcosa da mangiare, sono stanco e vorrei sedermi. È possibile liberarmi un tavolo?”

L’uomo dall’altro lato sorrise sotto i baffi, era paterno ed affabile e da quella smorfia sembrava che fosse il padrone del mondo.

“Mi spiace ma le ho appena detto che i tavoli sono occupati, vede quello dietro di lei, alla sua destra? Lì ci sono Steve ed Anne. Vennero nel 1978, trent’anni fa. Lui aveva vent’anni, lei pochi di meno. Faceva caldo e ricordo che Steve non riusciva a levare gli occhi dalla scollatura della camicetta di lei. Ma non era uno sguardo volgare sa? Nei suoi occhi c’era tutta l’ammirazione per un essere perfetto, non che lei lo fosse, ma per lui era così…dopotutto, perfetto, chi lo è?
Da come Anne si toccava la pancia capii che presto sarebbero stati in tre e fu per questo che le preparai la cioccolata calda che mi aveva chiesto con tutto l’amore che potevo. Spesso sono solo, lo sono sempre stato e capita che mi metta ad ascoltare i discorsi dei miei clienti, senza malizia, senza giudicare, solo per ascoltare. Fu così che sentii quei due ragazzi promettersi l’amore, quello vero. E vidi le lacrime ed il loro bacio, al cioccolato quello di lei, al caffè quello di Steve. Se ne andarono così, mano nella mano, in silenzio.”

Il vecchio continuava incessantemente a lucidare bicchieri, sempre sorridente, pacato. Tom era muto, perplesso, fece per parlare ma il barista lo anticipò:

“E vede il tavolo ancora dietro, vicino alla vetrina alla sua destra? Quello è di Mike e Telma. Eh, loro si che vennero tanto tempo fa, nel 1949 se non sbaglio. Una coppia sui trent’anni. Lui aveva mani di incudine e martello, il lavoro duro glielo si poteva leggere in volto, ma aveva anche spalle larghe ed il peso del mondo lo avrebbe sopportato bene, almeno è quello che pensai. Lei era minuta, dolce, riservata. Aveva una vita di panni da stirare, piatti da lavare, letti da rifare ed un sorriso da non perdere. I soldi allora erano sempre pochi, per tutti, ma Mike riuscì lo stesso a tirar fuori quell’anello semplice semplice, ché il grand’uomo non lo vedi da quanto costa l’anello per la futura moglie, ma dal luccichio nei suoi occhi mentre lo mette al dito di lei.”

Tom aveva intuito dove il vecchio volesse andare a parare ed allora incrociò le braccia e lo lasciò fare:

“Poi, verso l’altra vetrina, beh, lì ci sono Fred e Alice. Quanto chiasso che fecero quei due, sia fuori che dentro. Alice guidava un bel macchinone, di quelli europei che costano bei verdoni, ma si sa, più costa la tua auto, meno sei capace a guidarla. E così la bella Alice nel parcheggiare fece dei danni all’auto di Fred. Lui sbraitò a lungo, erano proprio qui davanti al bar, ma spesso il sorriso passa anche attraverso degli occhi accigliati ed il buon Fred conciliò con un brindisi.
Parlarono a lungo, da Bush padre e la guerra del Golfo ai giochi che facevano da bambini. In fin dei conti, una bella coppia, lei bella ed elegante, un avvocato in gamba, da quanto ho capito, una di quelle che si è fatta da sola, senza l’aiuto di nessuno e lui uno di quelli nato nell’epoca sbagliata, un sensibile romantico. Niente di speciale, ma io ho l’occhio lungo e due sconosciuti che passano una vita insieme in un secondo non li vedi tutti i giorni. Se ne andarono ubriachi fradici, tenendosi la mano.”

“Manca l’ultimo tavolo” fece Tom, ormai divertito.

“Quello è di Susan e John. Non ci crederà, ma sono venuti proprio ieri. Coca-Cola e patatine, brufoli, converse all star e zainetto della scuola. Ridono, scherzano, non sanno che il mondo è difficile, ma hanno capito che in due è meglio. Lui vorrebbe avvicinarsi e darle un bacio e sa che fa? Si avvicina! E si danno un bacio che ai tempi miei te lo censuravano anche nei cinema per adulti, ah…i ragazzi di oggi, imparano che devono usare il profilattico prima di camminare!”

“Ed ora? Che fine hanno fatto tutti loro?”

“Steve ed Anne si apprestano a festeggiare le nozze d’argento, hanno una bella casa, figli e se Dio vuole, avranno qualche nipotino; Mike e Telma, eh…lei non c’è più, se ne andata due anni fa, dopo una vita insieme al suo Mike, ma lui la ama ancora, quella è la promessa che le fece qui, su quel tavolo, di amarla per tutta la vita e finché la promessa è mantenuta, Telma è viva; Fred ed alice se la spassano alla grande, non si sono sposati ma convivono da tempo, si amano tanto e tra alti e bassi, è come se si fossero appena conosciuti; quanto ai piccoli John e Susan, beh, è presto per dirlo, ma il loro amore brucia e quel tavolo non si tocca.”

Tom, sorrise e ringraziò.
Uscì dal bar con le mani in tasca, guardando quei tavoli vuoti. In un attimo pensò a quelle coppie, al loro amore promesso in quel luogo, tra una bevuta ed una sigaretta. Al vecchio, un custode, un barista o un pazzo. Pensò all’amore di una vita, quello che ti cambia e che un po’ lascia il segno, magari in un piccolo bar, dove fino a quando ami, quel posto è tuo e nessuno te lo può rubare.
Sul ciglio della porta, solo un secondo, una domanda:

“Ma lei chi è, e come fa a sapere queste cose?”

Per la prima volta il vecchio sollevò lo sguardo verso Tom, guardandolo con occhi eterni.

“Ha importanza?”

“No, non ce l’ha.”

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono rimasta a bocca aperta leggendo questo ultimo post...non vorrei ripetermi, ma sei così bravo quando scrivi storie romantiche!
In fondo anche per noi c'è stato un "love bar" all'inizio...ti ricordi com'ero ubriaca il 24 maggio del lontano 2006 (quanto tempo...aiuto!) davanti al blue moon?
Sarà per questo che ho ceduto...scherzo!
Un bacio, Antonella

Il Gabbrio ha detto...

Grazie!!!
Oddìo, non so se me la cavo con le storie romantiche, ma a volte gira così...non si può sempre parlare di morti ammazzati, zombie & co.!!!
Il nostro Love Bar c'è... è un posto che ci ha seguito e spalleggiato all'inizio ed ora ci sono affezionato proprio per questo motivo.
Comunque, il 2006 non è tanto lontano, e se lo è a me non sembra proprio, segno che ho trascorso piacevolmente il tempo in tua compagnia, non trovi?
Effettivamente eri ubriaca, ma ho visto di peggio...e poi non sono cose da dire in giro, che sembra che ti abbia sedotta con l'inganno!!!
Corro al blue moon a farci riservare un tavolo!!!
Un bacio!!!

Gisel_B ha detto...

molto, molto bello...
:)

Simona ha detto...

Racconto meraviglioso!!!scrivi davevro molto bene..complimenti!

Davide Demonico ha detto...

Un altro ottimo racconto,Gabriele.
Ormai seguirti è sempre un piacere,quindi...alla prossima!^^

Anonimo ha detto...

..io non so come tu faccia, ma i tuoi racconti sono sempre più belli..cmq fred e alice mi ricordano qulacuno,o no??!!lo so che scrivo sempre le stesse cose ma quando ti leggo non posso far altro che dire che hai scritto qualcosa di stupendo!!ooooni

Anonimo ha detto...

..io non so come tu faccia, ma i tuoi racconti sono sempre più belli..cmq fred e alice mi ricordano qulacuno,o no??!!lo so che scrivo sempre le stesse cose ma quando ti leggo non posso far altro che dire che hai scritto qualcosa di stupendo!!ooooni

Ele ha detto...

Carissimo lascio anche io un commento!
E mi toccherà ripetere voci sussurrate già varie volte, decisamente se a me girano i dialoghi, a te girano gli spaccati romantici. Non credo sia facile sentirli, pensarli e scriverli senza renderli banali e, perchè no, mettendoci quel pizzico di ironia che non guasta mai!
Applauso!

Il Gabbrio ha detto...

@ Giselle b

Grazie mille, detto da un'addetta ai lavori, fa sempre piacere! : )

@ Simona

Grazie, grazie dei bei complimenti e soprattutto, benvenuta sul blog!!! : )

@ Il Dave

Grazie Dave!!! Spero di non deludere in futuro, alla prossima, allora!!! : )

@ Maggie

Grazie Maggie!!! Hai ragione, Fred ed Alice sono tratti da qualcuno che conosci, certo, avrei potuto approfondire la descrizione, ma se l'hai capito, significa che va bene, no? Grazie di nuovo del bellissimo commento!!! Baciooooooni!!!

@ Ele

Grazie collega...posso chiamarti collega?
Vorrei dire qualcosa sugli spaccati romantici, ma devo essere sincero, non mi prefisso mai di scrivere qualcosa di romantico, diciamo che tento di scrivere qualcosa dal contenuto horror e poi, non so perché, mi esce questo...mi sa che devo ringraziare la mia ragazza!!!

Anonimo ha detto...

il racconto è carino, piacevole la lettura...però ci sono due errori:
mai sentito parlare o visto uno zaino con la tracolla!
e poi,conosci un modo alternativo a camminare in modo perpendicolare???
per il resto è veramente bello bravo

Il Gabbrio ha detto...

@ Anonimo

Grazie dei complimenti!!!
Quanto agli errori, per lo zaino credo che tu abbia ragione...sulla traiettoria, forse hai capito male, è ovvio che chiunque cammini perpendicolarmente "al suolo" però, se consideri il piano della porta, come se la vedessi dall'alto, è possibile camminare parallelamente ad esso o secondo un'inclinazione variabile, ne mio caso, si dirigeva perpendicolarmente verso il bancone che è posto in fondo al locale, avrebbe potuto camminare, ad esempio, seguendo un angolo di 45° che, partendo dalla porta, lo avrebbe portato verso il centro di una delle due pareti!
Comunque, grazie di nuovo!!! : )

Spiridion ha detto...

Carino..c'è un che di Buzzati che ho gradito molto..

Quel gusto per l'indefinito, sappiamo solo che in bar è in America, per parlare di storie che in fondo sono storie di tutti e non appartengono ad un luogo preciso!

bRAVO!

Flavio ha detto...

Davvero molto bello. :)

Il Gabbrio ha detto...

@ Spiridion

Buzzati!!! troppo buono Giulio, ma credo che l'accostamento sia molto azzardato!!! Comunque, grazie dei complimenti, detto da te che sei un "collega" decisamente in gamba, fa sempre molto piacere...!!! : )


@ Neikos

Grazie mille Neikos...appena posso ripasso dalle parti tue!!! : )

Anonimo ha detto...

Lo so che è totalmente OT, ma...

"Il bel volume mi è appena arrivato in fumetteria, lezioni universitarie permettendo, lo leggo e ti faccio sapere...sempre se ti interessa!!! Per ora posso solo dire che si presenta molto bene!!!"

Certo che mi interessa!!!
:)