sabato 27 ottobre 2007

Amore e Psiche



Premessa.
Raccontino ispirato da una frase letta su un manifesto: hai mai pensato di suicidarti dallo studio del tuo psicologo?

Tic, tac…tic, tac…sessanta battute al minuto per l’orologio da parete posto nell’anticamera dell’ufficio della dottoressa Stuart.
Stephen lo guardava quasi in trance, a tratti infastidito da quel suono che si perdeva nel riverbero naturale della stanza, abbastanza spoglia, con qualche pianta agli angoli, mura candide color acqua marina ed un tavolinetto moderno, proprio al centro, che ospitava varie riviste per passare il tempo.
Ore 18:00, la dottoressa è solitamente puntuale, ed infatti, un minuto dopo la porta si aprì e lasciò sfilare il cliente precedente, anche se sarebbe più opportuno parlare di paziente.
Usciva con aria soddisfatta, la classica madre di famiglia, senza grilli per la testa e con troppi panni da stirare.
Stephen la guardava e cercava di indovinare il suo problema: depressione? Sicuramente. Forse una piccola mania di persecuzione e stati d’ansia accentuati.
-Beh, sono i piccoli prezzi da pagare per far parte di una società civilmente evoluta- pensò. Quindici gocce di Prozac, una pasticca di Fluoxetina e passa la paura.
Con fare sicuro il ragazzo si alzò, preparandosi alla sua ora di confessioni.
Quel giorno, però, Stephen aveva una strana espressione, troppo calmo, quasi assente, sguardo basso e passo lento.
La dottoressa, salutandolo, notò certamente tutte quelle cose, ma senza darci troppo peso.

“Allora, Stephen, come è andata questa settimana?”

Nessuna risposta.
Il ragazzo guardava le proprie mani fare impensabili giochi geometrici al limite del contorsionismo, nessuna smorfia, non un sospiro.

“Stephen, tutto bene?”

Nessuna risposta.
Ora cercava chissà quale illuminante scoperta nelle punte delle sue scarpe, una paio di Converse All Star bianche, sporche e segnate da migliaia di passi.

“Stephen, è successo qualcosa? Vuoi parlarne?”

Nessuna risposta.
Il giovane sollevò semplicemente lo sguardo, la guardava dolcemente, ma con indolenza.
Con fare fermo si alzò dalla sedia e si apprestò alla finestra.
Una finestra che dava su cumuli di grattacieli, case e strade fumanti. Una piccola finestra al ventiquattresimo piano di un palazzo nel pieno centro di New York.
Senza troppi indugi, la aprì e, nello stupore della dottoressa, la attraversò per sedersi sul cornicione. Guardò giù, senza dire una parola. Si limitava a sentire milioni di automobili produrre un frastuono impossibile, sentiva il vento fresco portare l’odore degli hot dogs della quinta strada, un odore quasi acre, caldo, e pensava, in silenzio.

Kate, questo è il nome della dottoressa, si alzò con calma e, rimanendo nella stanza, si affacciò per parlare con Stephen:

“Senti, qualunque cosa sia, possiamo risolverla, sono qui per questo.”

“No non si può fare niente, sono stufo…”

“Stufo di cosa?”

“Stufo di soffrire, di essere di malumore, di svegliarmi e trovare ancora fresche le lacrime che ho versato prima di addormentarmi, di guardarmi intorno e non trovare nessuno, di sentirmi solo anche in mezzo alla folla, di pensare che ho fallito, che ho bruciato le occasioni che mi sono state date dalla vita... stufo di avere paura, di non farcela, di non essere amato.”

“Capisco, e pensi che buttandoti la cosa possa giovare?”

“Beh, se sei morto non puoi soffrire”

“Questo è vero, ma a me non ci pensi?”

La dottoressa disse quella frase in un modo diverso dal tono al quale era abituato Stephen. Era improvvisamente più caldo, familiare, dolce, sincero. Il tono di voce di una semplice ragazza, ed è così che ora lei appariva, una semplice ragazza di trentacinque anni, capelli castani lunghi e mossi che cadevano leggeri sulle spalle delicate. Un viso tondo, naso piccolo, occhi espressivi, vivi. Era, d’un tratto, umana e libera da qualsiasi possibilità di classificazione.

“Che significa – A me non ci pensi - ?”

La dottoressa uscì dalla finestra e si sedette accanto a lui, il vento le faceva svolazzare i capelli, inebriandolo del suo profumo, delicato e femminile.

“Sai, se tu morissi, credo che morirei anche io”

“Co…”

“Schhhh” fece Kate mettendogli un dito sulle labbra per zittirlo.

“A volte è tutto così semplice, senza troppi problemi troppi perché…a volte capita che una ragazza si innamori di un ragazzo. Un ragazzo sensibile, con piccoli problemi, ma capace di dare tanto amore, lo stesso amore che io vorrei donarti.”

Lui la guardò stupito, ma non ebbe il tempo di fare, il tempo di dire.
Lei lo prese, si avvicino e lo baciò.
Fu un bacio lungo, aveva la passione di un temporale estivo, la grazia dell’aurora.
Si guardarono, sorrisero.
Rimasero a lungo sul cornicione, a guardarsi, baciarsi, accarezzarsi, e solo quando il sole tramontò decisero di rientrare e di continuare a vivere.
Insieme.

lunedì 22 ottobre 2007

Time



Tra L'Aquila, Roma e Cassino non ci sto capendo nulla. Spero di trovare presto il tempo per postare qualcosa di decente!!!

martedì 16 ottobre 2007

Quando Fuori Piove...



Una piccola dedica.


Può un angelo starsene seduto su un divano a guardare la televisione?
Mike, guardandola mentre si sfiorava i lunghi capelli castani con dita fatte di ali di farfalla, capì che era possibile.
Fuori la pioggia lavava le anime, pioveva sui ricordi, i rancori, le frasi spezzate e mai dette. Pioveva sugli ombrelli colorati dei bambini all’uscita di scuola e sulle scure valigette degli avvocati.
Una di quelle giornate fatte di latte caldo dove inzupparci pezzetti di cuore ed assaporarne l’amore che fuoriesce come marmellata calda.
Mike provò l’impulso irrefrenabile di sdraiarsi sul divano ed appoggiare la testa sulle gambe di lei.

“Che fai?”
“Niente, mi sento piccolo, ed ho voglia di sentire il tuo affetto”

Lei lo accolse in grembo, tentennava all’idea di toccarlo, tanto appariva dolce in quella posa, come se non volesse sciupare un fiore troppo delicato, appena schiusosi ai primi raggi.
Quell’attimo di silenzio riempì l’atmosfera, l’aria era d’improvviso dolce al solo respirarla ed i due rimasero a tacere, gustandosi il dialogo dei loro respiri.
D’improvviso, la voce di lui uscì come un cucciolo dal letargo, lieve, delicata, quasi impercettibile:

“Sai, a volte mi sento male, è come se non riuscissi a contenerlo, come se mi esplodesse dentro ed io annegassi in un mare denso di sensazioni…non so, è difficile da spiegare”

“Cosa, cosa non riesci a contenere…”

“L’amore, tutto l’amore che provo per te, è troppo, grande, enorme, potente, caldo. Vorrei urlarlo, sbattertelo in faccia, anche solo un pezzetto per farti capire quanto è violento ed imponente. Ti giuro, ti amo da star male, eppur mi piace”

Lo disse così, dandole le spalle mentre la testa poggiava ancora sulle sue gambe, continuando a fissare la finestra che deformava il paesaggio sotto lo scrosciare dell’acqua.
In quell’istante sentì quella pioggia cadere sul suo volto, pensò di avere le traveggole, era come se gocciolasse sulle sue guance e capì solo dopo aver sentito il dolce sapore salato sulle sue labbra che erano le lacrime di lei, tonde e sincere, a dimostrare che aveva capito.
Fu allora che Mike si alzò, la prese delicatamente in volto e avvicinò la sua fronte a quella di lei.
Gli occhi erano talmente vicini da non poter vedere null’altro se non lo sguardo intenso dell’altro.
Rimasero così, in quella posa, col sorriso…ci rimasero in eterno, anche quando i due si alzarono per fare l’amore, le loro anime rimasero in quella posa giurandosi amore eterno.

lunedì 8 ottobre 2007

The Answer - Parte 2 -




Premessa: Vabbé, posto la seconda parte di The Answer, così, per sfizio...alcune cose sono un pelo alla Tarantino, spero che vi piaccia!



Come un vecchio dalla sua infanzia, ora, ero lontano dai miei ricordi. Stringevo le mani sul volante per imporre il mio controllo e tutto, inspiegabilmente, mi appariva per ciò che era: piccolo. D’improvviso il buio lì fuori era diventato denso, solo due coni luminosi, artificiali, mi guidavano attraverso quei mille aghi che cadevano dal cielo. Gli alberi, inglobati in quella pece eterea, si dissolvevano davanti ai miei occhi ed io correvo su una di quelle piste giocattolo tutte nere, quelle piste costose, con le macchinine telecomandate, piene di curve. Ma alla fine, che ne sapevo io delle curve. Da piccolo potevo permettermi solo quella ovale.
Pensavo all’ottimo lavoro di quella sera; il russo è stato di parola:
- amico, un pizzico di questa roba e il cuore del tuo uomo finirà di battere come una puttana in pensione!- così mi disse.
Già, è proprio così che è andata: veleno di imenotteri. Una piccolissima pallottola di gomma contenente 50 ml di veleno di vespa, o d’ape, non so. Quanto basta, però, per sviluppare un infarto del miocardio. Avrei potuto montare una bomba nell’auto, oppure, introdurmi in casa e strangolarlo nel sonno. Sono molti i modi per uccidere, ed io li conosco tutti: dallo sparare al bersaglio dall’alto di un grattacielo, con un fucile da precisione, allo spezzare il collo da una distanza di cinque centimetri. Ma quando il russo, un armadio a due ante con la mandibola squadrata, colato in un gessato di Armani ed incapace di fare anche il minimo sorriso, mi propose quella piccola novità, non ho saputo resistere. Pensavo che forse era una sciccheria troppo raffinata per mandare giù un semplice produttore-pappone cinematografico, ma alla fine, un modo valeva l’altro, il ciccione sarebbe andato al tappeto comunque, quindi, perché non soddisfare la mia curiosità.
Cinquantamila dollari, un prezzo di favore per un lavoretto così semplice, anche se quello stronzo del committente ha provato a fare il furbo:
- Richard Drein deve tirare le cuoia…- esordì così, senza neanche salutare.
-…e con lui quella bagascia al silicone che si porta dietro, la puttanella stava con me e non mi piace essere scaricato per un pappone da due soldi!-
- Calmo. Niente donne, niente bambini. Solo il grassone va giù. Cinquantamila, metà ora, metà a lavoro finito. Dove, come e quando lo decido io. Tu paghi, io penso al resto. Queste sono le regole.-
Per un attimo era rimasto immobile di fronte a me, mi guardava, no anzi, mi studiava. Eravamo solo io e lui in quel magazzino isolato. Per terra, il grigio cemento, freddo come una lapide in inverno. Tutt’intorno, scatoloni di cartone vecchi e marci, di un marroncino sporco, rosicchiati dai topi o semplicemente da loro usati come orinatoi. Avevo fatto capire al tizio che ero io a comandare ed evidentemente la cosa gli faceva rodere il culo; si avvicinò, quell’enorme cubano tra le sue labbra sbuffava come il fumaiolo di una nave, sapevo cosa stava per fare: mi prese per la giacca e mi portò a sé.
- Se dico che la troia muore, la troia, muore…intesi?- Per un istante ci guardammo negli occhi e percepii la sua paura nel vedermi sorridere.
Veloce, netto, silenzioso, un serpente che scatta, ti morde e poi ritorna sul posto: presi la sua mano e gliela rigirai dietro la schiena, si era sentito un crack…pazienza, un paio di dita erano andate.
Con calma gli dissi:
-La situazione è questa: fra cinque secondi potresti essere morto, sai cosa fare…
- O-ok…venticinquemila adesso, gli altri a fine lavoro, si fa come dici tu.-
Non l’avrei ucciso, questo è sicuro, ma l’importante era che lui lo credesse.

venerdì 5 ottobre 2007

Lo ammetto: sono un bamboccio (piccola riflessione)





La Finanziaria contiene delle misure che consentiranno ai giovani di affrancarsi dalla dipendenza dei genitori. "Mandiamo i 'bamboccioni' fuori di casa", dice con una battuta il il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa nel corso dell'audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato. Il ministro fa così riferimento alla norma che prevede agevolazioni sugli affitti per i più giovani. "Incentiviamo a uscire di casa i giovani che restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi. E' un'idea importante", ha messo in evidenza Padoa-Schioppa.

Premessa: Se vivessi a Roma e guadagnassi 1000 euro a mese non potrei vivere da solo pagando euro 800 d'affitto!!! Come mangerei? E le bollette?

Premessa 2 : non mi riferisco all'iniziativa della finanziaria in sé, mi è bastato prendere 30 e lode a diritto finanziario per non volerne sentire più parlare, mi riferisco alle persone che , pur potendo non se ne vanno a vivere da sole e non, ovviamente, ai tanti poveretti che non hanno la possibilità, pur lavorando, di vivere da soli.

Bene. Mi sveglio di buon ora, ed apprendo questa notizia. Il punto è che non faccio in tempo a rifletterci sopra che sento alla televisione di una sorta di stato d'offensione generale relativo all'utilizzo del termine "bamboccio".
Ora, dico io, ho ventisette anni, ventotto il prossimo aprile, e vivo a casa con i miei...sapete cosa ne penso? è una cosa che mi sta altamente sul cazzo, ma vi rendete conto? ventisette anni e sto ancora con mamma e papà, non è possibile!!!
La mia storia personale è un pò atipica, dato che mi sono iscritto a psicologia a ventisette anni, il mio traguardo immediato è laurearmi nel minor tempo possibile, e lo ammetto, mi fa comodo avere chi cucina. lava, stira, mi da i soldi ecc. Però, se mi fossi retto bene sulle mie gambe studiando giurisprudenza, sarei uscito di casa non appena laureato e, se la cosa fosse andata troppo per le lunghe, avrei cercato un lavoretto più remunerativo delle mie occupazioni precedenti (insegnante di musica ed istruttore di spinning).
Bene, il ministro mi definisce un bamboccio, sapete che dico? Ha ragione!!!
Più che bamboccio, avrei detto "mammone" che lo trovo più offensivo.
Non capisco proprio la gente che si è offesa, trent'anni fa, a 25 anni, i ragazzi avevano una propria vita, camminavano, cadevano e si rialzavano da soli...cazzo, ma è poi così assurdo?
Personalmente, se decidessero di darmi degli sgravi fiscali ed altre agevolazioni, sarei semplicemente contento, e basta, così potrei pensare un pò più facilmente di andarmene di casa e magari andare a vivere con la mia ragazza, cosa che farei con tutto il cuore.
Basta fare un paragone.

vivo con i miei:
le regole le fanno loro, gli orari, anche se flessibili, e nel mio caso molto flessibili, li decidono loro...i soldi li chiedo a loro, se voglio un pò di intimità devo aspettare che loro escano, se ho le palle girate e voglio stare un pò tranquillo non posso perché loro sono per casa, se loro litigano sono io che devo starli a sentire, se voglio ascoltare musica ad alto volume di notte non posso farlo (vabbé questa è una cazzata, lo ammetto). Se sono triste mi devo sentire loro che mi domandano cosa io abbia fatto, certo sono loro che cucinano (sul cucinare, io pranzo da solo tre giorni a settimana e sono io che cucino) lavano stirano e puliscono e fanno la spesa però...

Vivo da solo o con la mia ragazza:
Mi sveglio e ho tutta casa e bagno per me, oppure mi sveglio e trovo accanto quella splendida creatura che è la mia ragazza...faccio le mie cose esattamente come quando sto con i miei, e fino a qui nessun problema, però, se sto con la mia ragazza, posso permettermi di fare l'amore di prima mattina (cosa che adoro) e non è poca cosa...la mia giornata di studio trascorrerebbe allo stesso modo, con la precisazione che dovrei ritagliarmi un pò di tempo per fare un'eventuale spesa oppure avviare la lavatrice o stirarmi una camicia, e che problemna c'è? lo fanno tutti!
Il pranzo, o cucino io e non c'è nulla di strano, o mangio fuori...il pomeriggio si studia o si lavora dipende...quando poi torni a casa, stanco, devi sì pensare alle faccende di casa, e se sei solo forse la cosa potrebbe scocciare, ma ci si fa l'abitudine, se si è in due, lo si fa con più voglia, magari con un petting occasionale, la sera si cena e poi si esce oppure si vede un film o si sta con gli amici o solo con il partner, in assoluta libertà ed intimità, magari si fa una telefonata a casa oper sentire mamma e papà e sorella...e ci si inventa tutto quello che vuoi, libero di farlo, tanto, quando è il momento di dormire, lo fai comunque perché tua madre ha smesso di rimboccarti le coperte da 15 anni, e se non sei solo, ti addormenti al fianco della tua ragazza, magari prima si fa qualche gioco erotico che così ci si rilassa meglio!!!

La vita da solo è dura, non è rosa e fiori, lo so, ma credo che non sia giusto rimanere sotto il tetto dei genitori mentre la vita ci scorre avanti, quindi...sono un bamboccio e lo ammetto, ma rimedierò al più presto!!!

Ripeto la premessa: Se vivessi a Roma e guadagnassi 1000 euro a mese non potrei vivere da solo pagando euro 800 d'affitto!!! Come mangerei? E le bollette?

Ripeto la premessa 2: non mi riferisco all'iniziativa della finanziaria in sé, mi è bastato prendere 30 e lode a diritto finanziario per non volerne sentire più parlare, mi riferisco alle persone che , pur potendo non se ne vanno a vivere da sole e non, ovviamente, ai tanti poveretti che non hanno la possibilità, pur lavorando, di vivere da soli.

è un casino, lo ammetto!!!


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