lunedì 27 ottobre 2008

La setta dei Tronati.





Da Favella 3000: “E chi se lo ricordava?”

Piccola nota – a causa del linguaggio a tratti troppo ingenuo abbiamo ritenuto di dover apportare delle piccole modifiche al testo originale, pur mantenendo intatto lo spirito dell’autore.


Sono trascorsi tre anni dal mio arrivo su quest’isola che credevo deserta.
Come faccio a saperlo? Di solito facevo la ceretta una volta a settimana, ora adotto metodi meno civili, ma a conti fatti saranno tre anni.
Mi sembra ieri, quando me ne stavo tranquillo a far risplendere il mio corpo oliato sul ponte della nave.
Poi, l’esplosione.
Abbiamo iniziato ad imbarcare acqua ed il resto è stato esattamente come quel documentario con Leonardo Di Caprio, o forse non era un documentario.
“Si salvi chi può” è un inno alla vita, più della lampada solare, più dell’happy hour, più del calcio…vabbé, forse non più del calcio ma il punto era sopravvivere ed io ho pensato “io può”.
Ora posso dire che sopravvivei, sopravvicqui, sopravvivissi…hem… Sono vivo.

Quando ormai il tutto era passato, la nave affondata, le persone risucchiate, gli squali si erano rifocillati e quell’insopportabile prurito al volto, causato dall’acqua salata, era passato, mi sono ritrovato su di un piccolo pezzo di parquet assieme a un bambino e una signora sulla quarantina.
Io sono un uomo, e gli uomini sanno cosa fare, studiano la situazione e si sacrificano se necessario.

È per questo che in base ai miei calcoli ho ritenuto opportuno gettarli in mare: il piccolo non ce l’avrebbe mai fatta e lei mi aveva chiesto se mi piacesse la filosofia.
Dopo giorni a veder diminuire la mia tonica massa muscolare sono arrivato qui.
Mi sono inginocchiato e ho pregato ringraziando lei, la Regina, la Madre di tutti noi povere anime senza agenzia: Maria.

Da allora molte cose sono accadute, quella che credevo deserta è invece un’isola popolata da una tribù di indigeni. Parlano una lingua incomprensibile, ma anche noi, col congiuntivo e condizionale, chi siamo per criticare?
Comunque, li ho squadrati, piccoli, neri, esili…no, gli esili sono quelli che vanno in esilio, loro erano magrolini e basta.
Non c’è voluto molto a diventare il loro capo, è bastato fargli vedere il mio corpo scolpito, le ali d’angelo tatuate sulla schiena e Maria e Maurizio sui pettorali e devono aver pensato che fossi una divinità.
Ora ho un trono, tutto mio, le loro donne, tutte, e non devo sceglierne una entro maggio.
Della vita terrena che facevo, poco mi appartiene ormai.
Ho deciso di fondare una nuova religione e per questo ho fecondato due volte, in questi tre anni, le quaranta donne del villaggio. Avrò la mia schiera di piccoli adepti: i figli di Maria.
Oh, Maria, se solo potessi vederli.

Ora sto bene, ho il mio team di calcio, il mio campionato: una sorta di triangolare a due squadre che vinco sempre io.
Mi manca la mamma, ma so che col mio atteggiamento non l’ho delusa, vero mamma? Scherzavi quella volta in cui mi hai detto di trovarmi un lavoro, come te e papà, tu non mi faresti mai questa crudeltà, vero mamma?
Per concludere, ho deciso di affidare al mare questa lettera scritta col sangue di uno dei tipi magrolini.
Vorrei rassicurarvi tutti e pregarvi di smetterla di dannarvi per me, lo so che vi manco e che ho lasciato un vuoto televisivo incolmabile. Ma io sto bene qui.
Solo un desiderio, un dono da parte vostra. Vi chiedo di portarmi, non importa quando, l’unica vera fonte di gioia per me, il motore unico che mi ha aiutato a sopportare tristi risvegli: lo specchio.

Vostro C.

martedì 14 ottobre 2008

Magic Box





Io ho un posto segreto.
Ci ho messo dentro una candelina accesa, un quadernetto, una bolla di sapone, uno schiaffo, il primo fumetto.
Ho impacchettato tutto per benino, stretto il fiocco bianco sullo sfondo blu del mio grembiulino.
L’ho portato avanti nel tempo credendo di andare diritto, ma il tempo è relativo come un bacio all’angolo di un sorriso, come l’animo di un clown, come il mio sguardo bagnato al soffitto.
Sono stato in prigione e poi di nuovo al via, ho sciolto il fiocco, ho guardato dentro e c’era di più.
C’ero io, nel tuo posto segreto che sai solo tu.





Lo so che è una pessima copia dei racconti di Bartoli, ma l'ho scritto in due minuti esatti senza riflettere.

giovedì 2 ottobre 2008

Per fortuna, il Re è morto.





20 Maggio 1970.
In Italia viene varato lo Statuto dei lavoratori e Marco, ventenne che ha lasciato una ditata di grasso su un sogno, torna a casa dopo otto ore in fabbrica, pensa a lei e scrive una canzone.
Qualche giorno più tardi, in un locale intellettuale e pappone, da vero eroe pronuncia il suo nome al microfono e tutti sanno che quella musica è per lei, la ragazza emancipata che balla in prima fila.
La serata finisce, nelle lenzuola, nel suo corpo, tutta la notte e…cavolo, alle sei di nuovo in catena di montaggio.

Fine settembre 1986.
Con data ufficiale “ottobre 1986” le edicole italiane conoscono un bel giovanotto londinese. Passano i mesi e Craven Road 7 è la via del cuore, troppo difficile da raggiungere, almeno quanto quel ragazzo ad un metro da Marta, ragazza che vede una fase r.e.m. in novantotto tavole. Lui di calcio non capisce nulla ma coglie l’assist del fumetto e quel metro è alle spalle.
Il resto dicono che sia chimica, ma noi non abbiamo studiato e lo chiamiamo amore.

Febbraio 1996.
Pippo Baudo ruba la vittoria del Festival di San Remo agli Elio e le Storie Tese.
A Luca girano in sette ottavi, come lo stacco de La Terra dei Cachi.
Il giorno dopo si ritroverà al cinema con una ragazza con la quale ha parlato due volte, complici delle sòle di amici e amici di amici.
Il segreto è parlare, ascoltare.
E due sconosciuti possono regalarsi una bella serata, perché sentirsi stupidi ti fa star bene.

2008.
I Toto si sono sciolti, Richard Wright è morto e anche io non mi sento tanto bene.
Intanto Stefano e Anna, sedicenni d’assalto, hanno deciso che tre mesi di chat possano bastare e si incontrano davanti un bar, dopotutto, è come se si conoscessero da sempre.
Freud ha scritto: “…il toccare, il contatto corporeo rappresenta la meta immediata sia dell'investimento oggettuale aggressivo, sia di quello amoroso…ma l'isolamento è l'abolizione della possibilità del contatto…”
Loro questo non lo sanno e improvvisano una musica che non conoscono.
Un disastro.
Diceva Pino: i bambini vanno messi al sole, perché devono sapere dove fa freddo e dove c’è più calore. Ma a casa, il clima lo decidi tu.
Un signore seduto al bar, classe 1935, li osserva allontanarsi. Sono distanti, freddi.
Raccoglie un sette di denari facendo scopa e sorride, pensa che per fortuna il Re è morto.