domenica 26 agosto 2007

Prendi Questo Filo...




È un giorno come tanti, forse c’è una brezza frizzante che rende il lavoro un pelo più piacevole di quello che sarebbe normalmente. A dirla tutta è un buon giorno per costruire strumenti di morte.
Con questi pensieri il ragno, con fare da saggio guru, si appresta a fabbricare la sua tela di disperazione, certo, per lui quella tela rappresenta la madre delle speranze, la promessa di cibo succulento, ma per altri malcapitati, la stessa tela è l’inequivocabile simbolo della vita che scorre via fino a spegnersi nell’ultima lacrima.
Un filo dopo l’altro, la costruzione dalla geometria perfetta prende forma, è come un parto, un dare alla luce una propria creatura e vederla muovere i primi passi, lanciarsi verso il mondo ed interagire con esso.
Una semplice tela, tesa a vela a simboleggiare la dedizione delle creature del creato verso i giochi di potere.
Resta ben poco da fare, solo aspettare, magari soffrire per i morsi della fame, ma comunque è un dolce sperare.
Questione di tempo, ovviamente, e la piccola mosca ci sbatte il muso, e, dimenandosi all’impazzata, fa il gioco sporco del ragno: le sue piccole ali rimangono invischiate nei filamenti appiccicosi, rendendo impossibile e spasmodico ogni più tenue movimento.
È un dolce abbraccio letale, la mosca lo sa, e sa cosa le aspetta. Ruota cento occhi forsennatamente, cercando la schifosa figura del boia che, prima o poi, si farà vivo.
Ed alla fine si fa vivo, lento ed inesorabile, fiero nella sua camminata articolata e delicata, come le piccole dita di una giovane fanciulla che vanno a pizzicare le corde ben tese dell’arpa.

“Salve, è un buon giorno…non ti pare?” - dice sprezzante il ragno. -

“Buon giorno? E per cosa, di grazia?” - schietta e rassegnata, la mosca. -

“Ma va là, mi sembra fin troppo ovvio, è un buon giorno per morire!”

…Morire…quel verbo risuona nella testa della mosca come un vetro infranto, come un urlo gelido nella notte, eppure, non riesce ad essere totalmente terrorizzata, forse, è scritta nel codice genetico di ogni creatura la più grande verità di sempre: il debole soccombe rispetto al più forte; e la mosca lo sa, oh sì se lo sa.

“Sai, ti vedo così, incapace di muoverti, in balia del mio potere, prigioniera della mia tela, ed immagino che tu ti stia ponendo molte domande, prima fra tutte, quando deciderà di farla finita?...è una sensazione disgustosa, lo so!”

“Ah, sì? Lo sai? Non credo proprio che tu capisca come ci si senta, lurido mostro…senza offesa, ovviamente!” – ribatte garbata la mosca- .

“Figurati, nessuna offesa, ci sono abituato…vedi, lascia che ti spieghi una cosa: Da quando corpi informi si sono trascinati fuori dal brodo primordiale la vita non è stata altro che una relazione di giochi di potere.
Certo, verrebbe da pensare a grandi episodi, come, ad esempio, la sottomissione del popolo ebreo da parte degli egiziani, la congiura che portò alla morte di Giulio Cesare, le poverette bollate come streghe e bruciate vive dalla Santa Inquisizione, anche i vari attacchi terroristici e le conseguenti guerre “legittime”.
Nel nostro piccolo, però, ci sono questioni che, apparentemente, sono del tutto insignificanti, ma che , a ben vedere, sono decisamente rilevanti…”

“Questioni?” – un po’ seccata la mosca –

“Beh, il fatto che tu sia prigioniera ed io rappresenti il tuo carnefice mi sembra una questione non di poco conto, ma che, magari, per un altro è del tutto superflua”

“Capisco…”

“Voglio raccontarti una cosa: vedi quell’uomo che sta bevendo un caffé seduto in giardino?
Un giorno me lo sono trovato davanti, era mastodontico, altissimo, sentii ogni mia articolazione bloccarsi come una statua di marmo e diventare ugualmente gelida…sai cosa più mi terrorizzava? Guardava me, mi fissava, senza espressione, senza un sentimento vivo che potesse fuoriuscire dagli occhi. Gli umani…hanno solo due occhi, ma sanno farti rabbrividire come se ne avessero una decina…la cosa che ora mi fa ridere è che io, il ragno, una macchina letale, un maestro di geometrie sconosciute ai più, fossi totalmente in balia del terrore ed aspettassi che si compisse il mio destino, senza nemmeno interrogarmi su di esso…cosa era successo? Semplice, avevo incontrato uno che esercitava un potere ben più grande del mio, con una semplice pedata avrebbe potuto farmi provare dolori indicibili e spegnere la mia vita nel modo più ignobile per un fiero aracnide!”

“E poi che accadde?” – curiosa la mosca. –

“Mah, la cosa più inaspettata di tutte: se ne andò. Capisci? Ero ad una passo dalla morte certa e quell’essere mi ha risparmiato, da non crederci”

“mmm…immagino che ci sia una morale in tutto ciò!”

La piccola mosca nutre una flebile speranza, forse il ragno potrebbe esercitare il suo potere in altro modo, forse potrebbe decidere di non esercitarlo, forse potrebbe liberarla e lasciarla andare a riflettere sull’accaduto.

“Morale? Forse…” - ora il ragno ha un sorriso maligno. –

Mentre sorride, l’essere ad otto zampe comincia a tessere un sudario di terrore e disperazione attorno alla piccola mosca. Filo dopo filo il piccolo insetto scompare dietro quello che è il suo sarcofago mortale.
Il fato della piccola mosca si sta compiendo e tutto scivola morbido nel tempo, come se fosse normale, come se quella piccola scena di terrore e naturalezza dovesse consumarsi ineluttabilmente, ma qualcosa accade.
Mentre il ragno si appresta a dare il suo morso paralizzante la luce si attenua, come una piccola eclissi, il sole ormai non riscalda più e non fa risplendere la magnifica tela, solo ombra.
Il ragno si gira incuriosito ed un po’ spaventato, nel mondo della natura i cambiamenti repentini non sono mai visti di buon occhio ed il piccoletto geometra sa che non ci si può distrarre un attimo.
Il timore, purtroppo per lui, risulta fondato: un bambino, di circa otto anni, è alle sue spalle, lo guarda sorridente mentre solleva il suo braccio e fa librare nell’aria un bastone di legno.
La piccola mosca riesce a vedere bene la scena, percepisce l’attimo di pausa che c’è tra il punto di altezza massima del braccio e la caduta in basso del bastone, è come un pendolo, in omaggio al signor Poe, la mosca lo sa perché svolazzava un giorno nei pressi di un tale che leggeva il racconto a voce alta.
Come una furia, il bastoncino di legno si abbatte contro la ragnatela, tutta la fatica, tutti i fili, il sudore, l’impegno, vengono recisi e strappati via, il terreno solido manca sotto le otto zampette ed al ragno non rimane altro che tuffarsi nel vuoto.
La caduta a terra è poco traumatica, ma il ragno sa cosa sta per accadere, il ragazzino ha solo cominciato.
La scena si consuma velocemente: il bambino assesta un colpo preciso col piede e schiaccia il ragno.
Il poveretto sente la pressione sul suo corpo, prova, per istinto, a contrastare la forza dirompente del bambino, ma c’è poco da fare, il suo ventre esplode in un attimo, riversando sull’erba un liquido giallastro.
Per ironia della sorte il ragno conserva un briciolo di vita per rendersi conto che accanto a lui c’è la piccola mosca, ancora avvolta nella tela.
In un ultimo sforzo, il ragno trova il modo di parlarle:

“Non devi preoccuparti, qualcuno ti libererà entro sera, per me, invece, non c’è più nulla da fare…che avvilimento, schiacciato da un moccioso!”

“Sai, credo che tu abbia ragione…qualcuno mi libererà, però, perdonami, ma non posso fare a meno di pensare alla storiella sul potere che mi hai raccontato…credi che quanto sia accaduto abbia una morale?” – sussurra pietosa la mosca –

“Morale? Mah, forse…”

martedì 21 agosto 2007

04- Antonella. La Principessa Guerriera



Premessa: altro raccontino dedicato non ad un mio amico ma ad una persona speciale, una come poche, anzi, l'unica. Essendo carico di varie citazioni che riguardano la persona in questione potrà essere una lettura poco piacevole per i più, per il prossimo post farò qualcosa di meno strampalato!



Nuovo giorno in "Quel Posto Tanto Lontano", un ridente paesello ai piedi di Monte Trocchio dove la vita scorre sicura sotto il regno di Re Papone.
Lì abita una principessa.
Lunga chioma bionda e fluente, occhi di stelle, modi gentili accompagnati raramente da qualche parola, sempre garbata e mai indiscreta.

Se è a questo che state pensando probabilmente siete finiti in un lungometraggio Disney, nemmeno molto recente.

La dolce creatura in questione invece ha morbidi capelli scuri, profumano del profumo degli angeli, occhi indefiniti che solcati da una piccola lacrima risplendono come smeraldi. Curve docili, un ventre morbido e piccolo capace di accogliere il sonno di un dio e un fondoschiena disegnato, perché anche in Quel Posto Tanto Lontano la gente a certe cose ci pensa.
Si racconta in ogni dove del suo carattere forte e deciso, solare, ma anche capace di estrema dolcezza e vulnerabilità, un cucciolo da accudire.
È una sera come tante nella locanda di Sir Graziani e la ragazza accavalla con signoria le gambe mostrando il plateau delle scarpe, che va un casino quest'anno in Quel Posto Tanto Lontano.
Sorseggia delicatamente il suo Amarone di Valpolicella mentre si perde con lo sguardo nello scoppietare della legna del camino.
Il fumo della sigaretta costruisce spirali aeree e la principessa si gode la sua pausa serale dopo una lunga giornata.
Pensa all’amore, quello vero, alla possibilità di incontrare il Principe Azzurro e vivere la favola della sua vita.
Proprio in quel momento il piccolo elfo di nome Leo entra urlando disperato:

“la strega cattiva…la strega cattiva!!!”

“calmati piccolo…”, sussurra la principessa.

“la strega cattiva ha rapito il Principe Azzurro!!!”

Le parole le risuonano fastidiose nella testolina: nessuno, nessuno può fare del male al suo Principe Azzurro.
Con un deciso movimento della mano manda giù l’ultimo sorso di Amarone ed esce agguerrita dal locale.
Arrivata a castello sgrida senza motivo il fido Gildo che è lì a fare da guardia. Sbatte qualche porta e intanto matura la decisione di salvare il suo principe.
Sì, proprio lei che è una principessa strapperà dalle grinfie della strega cattiva il suo amato, perché è una principessa guerriera e non tollera che le si mettano i bastoni tra le ruote.
Intanto, l’esile Principe è prigioniero della strega e preda di un terribile incantesimo che lo rende incapace di opporre resistenza.
Il poveretto prova come può a dimenarsi, ad urlare, ma nulla da fare, non c’è modo di scappare dalla morsa della strega se non con un bacio della Principessa.
Lontano, nel castello reale, la nostra eroina si prepara allo scontro.
Indossa gli abiti da battaglia in un rituale tramandato da generazioni: bustino nero con laccetti dietro la schiena, perizoma trasparente in tinta, autoreggenti nere e scarpe con tacco alto.
Ora è pronta al peggio, anche a perire.
In sella al suo piccolo destriero, “il Pocio”, raggiunge l’ingresso principale del castello stregato.
Decine e decine di cimici invadono l'aria creando un'insormontabile barriera maleodorante. La poveretta si dimena cercando di scansare le odiose bestiole.
È terrorizzata, sì, a lei quegli animaletti fanno proprio schifo, ma improvvisamente ha un lampo di genio.
Sfodera i suoi profumi: Bulgari, Narciso Rodriguez, Miracle e a due mani mostra le sue doti da guerriera.
Il duello si conclude in posa plastica con le braccia allargate e le boccette di profumo ancora fumanti. Le creature cadono stordite a terra e lei esulta per la vittoria.

Prosegue per le scale del palazzo portandosi dietro solo il sensuale ticchettio dei tacchi alti.
Ora è di fronte alla stanza della strega cattiva, ma qui, suo malgrado, trova un energumeno palestrato con enormi pettorali ed un gran sedere, cosa che da sempre le provoca una certa ansia.
Il momento è cruciale, la principessa sta per cedere alla paura, ma l’idea di salvare il suo amato le dà coraggio, si lancia furiosa contro l'ammasso di muscoli, spicca un salto e sfodera i suoi libroni: il codice di procedura civile e quello di procedura penale.
L'idea è di renderlo una voce bianca, ma nello sferrare il colpo la nostra eroina si rende conto che riuscire a beccarlo proprio lì, tra tutti quei muscoli, non è impresa facile.
Allora non le resta che l'arma della seduzione.
Getta i codici a terra e sensualmente si aggiusta la balza delle calze. Si avvicina scodinzolante verso il maschione e nel posargli una mano sul bicipite sussurra:

"Puoi farmi quello che vuoi, se riuscirai a dirmi qualcosa di intelligente e che mi colpisca."

La storia narra che il palestrato sia ancora lì a toccarsi il mento a mò di scucchia.

La Principessa è libera da ostacoli adesso.
La porta della stanza della strega si frantuma sotto il calcio della nostra bella. Ora è lì, faccia a faccia con l’ultimo avversario, il più potente.
La strega cattiva, con la semplice imposizione della mano solleva da terra la Principessa e inizia lentamente a trasformarla in una grassona ciccia e brufoli.
Le pone la sua immagine riflessa nello specchio e ormai ci sono poche speranze, la ragazza sta per scoppiare in un pianto isterico.
Il piccolo perizoma scompare sotto chili di cellulite e le autoreggenti formano un imbarazzante effetto cotechino. La principessa guerriera vede foruncoli giallastri crescere ovunque sul suo bel viso e scoppia a piangere atterrita dalla disperazione.
Ma qualcosa in lei si accende, il suo spirito determinato la cui fama riecheggia in Quel Posto Tanto Lontano le dà nuova forza.
Proprio questo pianto la pervade di energia ed in un ultimo sforzo lancia il suo anatema come solo le vecchie Ianare del Monte Trocchio sanno fare.
Così facendo, la strega si piega sulle ginocchia e scompare lentamente dalla vista della Principessa.
La vittoria è in pugno, ora rimane solo il bacio.
Sale le scale della torre avidamente, apre la porta dove si trova il suo amato e, con un bacio carico di passione, libera il poveretto dall'immobilità.
Si abbracciano, si guardano intensamente negli occhi lasciando che tutto ciò che li circonda scompaia.
La Principessa sorride commossa pensando alle fatiche che ha dovuto sopportare per la salvezza del suo Principe.
Si avvolgono romanticamente, ma si sa, la carne è debole e dopo il momento di romanticismo scatta un travolgente atto di passione che si concreta in una superba unione di sesso sfrenato, padre dei vizi, che In Quel Posto Tanto Lontano non fanno male a nessuno.
Il finale è scontato ma dolce come il miele, i due vivranno per sempre, felici e contenti, e sessualmente molto attivi!

sabato 4 agosto 2007

La Morte è uno scorfano - Vivere, anche se sei morto dentro...




A volte accadono delle cose rispetto alle quali non possiamo rimanere indifferenti, proprio non possiamo. Un tostapane, un frullatore potrebbero rimanere indifferenti, ma non noi che siamo esseri umani, purtroppo e per fortuna.
Parlo della Morte, sì, quella vera. Perché, c’è anche quella finta? Certo, la troviamo nei nostri amati films, fumetti, romanzi, canzoni…ma lì ci piace, ne rimaniamo affascinati, a volte la potremmo anche desiderare, magari per punire il cattivo di turno, ma quella vera, quella vera fa schifo.
Quella vera ti tocca dentro, proprio lì, in quel punto che solo tu conosci, e ti gela, inizia a rosicchiare qualcosa e va sempre più a fondo fino a quando non riesci a trovare un motivo per sorridere.
L’accadimento di cui parlo non mi riguarda in prima persona, ma ha colpito un mio amico, privandolo del proprio padre…e che vuoi dire? Non c’è nulla di vagamente intelligente da poter fare, nulla che potrebbe uscire dalla tua bocca ed avere una certa dignità.
Rimangono solo le riflessioni sulla fottutissima signora con la falce…al riguardo mi viene in mente un numero di Dylan Dog, “la prigione di carta”, sì, mi sembra che sia quello, scusate ma non mi va di controllare…in quell’albo, per la prima volta in vita mia ho visto rappresentare la Morte in un modo nuovo: era una ragazza grassa, brufolosa, con dei fondi di bottiglia sugli occhi, disgustosa alla vista nella sua umanità. Sempre nel Dylan Dog in questione, era contenuta una riflessione che approvo pienamente: la Morte non è una signora affascinante vestita di nero, non è quella figura che ti prende per mano e ti accompagna nella notte su un sentiero di cristallo, mentre la luna piena illumina di luce bianca l’oscurità. Non è quell’entità che ti salva dalle sofferenze, che ti accudisce e ti fa sognare, non ti sorride, non ti bacia, non ti accarezza mentre il mondo ti prende a calci e tu ti senti solo…non è la sorella della sera la quale è l’imago della fatal quiete…no. Queste sono visioni per poeti maledetti ed adolescenti brufolosi che non hanno ancora avuto modo di sbattere il muso contro la Morte vera. No, certe idee lasciamole a loro, non sono per noi che siamo gente comune che soffre ed è felice, che si ammala, piange, ama, s’incazza, che riesce ad essere contenta magari per cose piccole come prendere un caffé con amici e fumarsi una bella sigaretta. No, per gente come noi la Morte è com’Ë stata disegnata in quel Dylan Dog: è uno schifo, una ragazza grassa e brufolosa che nessuno vuole baciare…la Morte è uno scorfano, questa è la verità.
Quando ti imbatti in questa ragazza schifosa, qualcosa cambia del tutto ed è facile lasciarsi andare per sentieri oscuri, come si potrebbe evitarlo? Poi, penso ad altre persone, tipo Mauro…un amico al quale è accaduta la stessa disgrazia ad un’età nella quale un fatto del genere avrebbe piegato chiunque, frantumato ogni mente, spolpato ogni brandello di vitalità e ti avrebbe lasciato lì a marcire. Invece, cosa è successo? È successo che Mauro ha ventisei anni ed è una delle Persone migliori che conosca, una delle più sensibili, intelligenti, profonde, complesse, divertenti, sane, equilibrate…una persona alla quale affiderei la cosa che mi è più cara e direi: “Tieni, fanne ciò che vuoi”. Mauro si sta laureando con ottimi voti, è un mostro con la chitarra, scrive delle canzoni bellissime, è amato da tutti, ha una bella famiglia, ottimi amici ed una ragazza innamorata. Mauro ha vinto, sì, è un vincente…è stato baciato di striscio da quello scorfano e lui che ha fatto? Si è asciugato dallo scifo e l’ha presa a calci nel culo. Lo stesso dicasi per Luca, altro amico privato troppo presto del padre. Quindi, io mi sento troppo vicino al dolore di Valentino, Pierluigi e Rita…non riesco a levarmi dalla mente l’immagine di quella donna innamorata che accarezza un volto ormai freddo, non riesco a scrollarmi di dosso l’abbraccio in lacrime del mio amico, e sinceramente non voglio farlo, no, voglio tenermelo bene a mente per ricordarmi che sono vivo e che continuerò a farlo finché potrò, e lo farà anche il buon Balenco, perché lo so che lo farà. Lo farà perché anche lui è forte e dalla grande personalità e troverà il modo di reagire.
Non mi rimane che abbracciare i tre con tutto l’affetto che posso…ed augurare un buon viaggio a Corrado…ciao Leader!!!
Non senza tenere a mente che la Morte è uno scorfano.

giovedì 2 agosto 2007

Anni '90...e buone vacanze!













Premessa:
piccolo omaggio agli anni novanta...non so perché, ma mi andava...non ci ho messo tutto quello che caratterizza il decennio, quello che ricordavo...spero che vi piaccia!
Intanto, sospendo per una settimana, me ne vado in Calabria, ci si rivede sul blog dopo il 12...Buone vacanze a tutti!!!



Sharon Stone ed il gioco di gambe fanno tanta bava
ma Moana in pasto ai vermi di lacrime ne fa di più.
Sailor Moon ha il sex appeal di Di Pietro
e Boncompagni mi sbatte Ambra tra le mutande.
Irritato squaglio uno spino di Nirvana.
Il sangue del Dylan Dog n°54 tenta di ricolorare il garofano appassito
ma qualcuno ha già aperto una serra in Marocco.
La ragazza del piano di sopra ama e si ama con i Take That, ma non mi ama.
Ma io Penso Positivo, sì, perché son vivo.
Anche Bush pensa positivo e tira i dadi del Risiko.
Ma non vince, vincono i francesi con Shumacher,
ed io aspetto il numero 55 di Dylan, che è già fine mese.