
Marco pié lento, passo felpato e chilometri di cemento.
Cammina, cammina, deflettori per pensieri nel cervello, un sogno nel cuore.
Vento denso al gusto Marlboro, callo del polpastrello, ed una rima che finisce con amore.
Si chiede, domanda e dice: “da dove vengo, dove vado, dove andrò a finire, finirà, chissà?”
E gira e vota, vota e gira, bombetta, ombrello, cravattino e borsello di vero budello.
Una ventiquattrore, pensieri e parole, tanta roba stipata, per una vita che in fondo merita pure di essere ricordata.
Apre e osserva, quello si, quello no.
Cosa porti per una vita che sia tua, che sia felice che vita sia?
Cosa c’è?
Un caffè.
E poi che ci metti?
Un piatto di spaghetti.
Tanta carta, e inchiostro, e una sigaretta al bar con gli amici, risiko, camino e bicchiere di vino.
Il sole e l’erba e quella canzone bella che ti si spacca il cuore, anima e coratella.
E poi?
E poi quella ragazza stupenda, il suo profumo, il sorriso, odore di paradiso, ma anche quel bel seno che mi fa dormire sereno e la mia mano sul suo sedere, sodo, bello, e un centesimo per ogni suo pensiero.
Tutto qui?
Credo di sì. Un bacio, il suo, per chiudere tutto, per chiudere bene, ché la vita semplice è quella che vale la pena, la pena di vedere, la pena di vivere, di scoprire, che se proprio deve finire, me la voglio almeno godere.